martedì 30 novembre 2010

Cosmonauta

Cosmonauta, di Susanna Nicchiarelli, con Miriana Raschillà, Pietro del Giudice, Susanna Nicchiarelli, Claudia Pandolfi, Sergio Rubini, Italia , 2009 
Punteggio ★★1/2   

Essere adolescenti comunisti in un quartiere proletario di Roma all'inizio degli anni '60, divisi tra l'euforia dei primi amori e la rabbia di fronte al maschilismo a casa (il patrigno ottuso) e nello stesso partito (i "compagni"). Sullo sfondo il mito modernista della conquista sovietica dello spazio e del primo cosmonauta di sesso femminile. Apprendiamo infatti dal film che "cosmonauta" è il termine sovietico, mentre "astronauta" è quello americano per indicare i cavalieri dello spazio.
Miti d'altri tempi, che finiscono in tutti i sensi con la conquista della luna da parte degli "astronauti" americani sotto i titoli di coda, ma pur sempre miti, cioè veicoli con cui sognare, a cui aggrapparsi. Oggi, dove i miti non esistono più, la Nicchiarelli, al suo esordio alla regia, ha il coraggio di costruire un film leggero ma non superficiale su un'adolescenza difficile.
Miriana Raschillà brava nella parte della protagonista, Claudia Pandolfi meno peggio del solito, Sergio Rubini notevole nella parte del patrigno fascistoide.

venerdì 26 novembre 2010

Io sono l'amore

Io sono l'amore, di Luca Guadagnino, con Tilda Swinton, Flavio Parenti, Edoardo Gabriellini, Alba Rohrwacher, Pippo Delbono, Italia, 2009. 
Punteggio ★★★   

Famiglia altoborghese di industriali milanesi. Sotto la coltre di un comportamento formalmente ineccepibile, rispecchiata dallo stile registico asciutto e calibrato e dall'ambientazione in una Milano ammantata di neve, stridono tensioni, si consumano insofferenze, ardono passioni. Tra dramma e tragedia, un interno viscontiano trentacinque anni dopo, viene da dire.
E' vero che non c'è granché di originale in questo film, ma è così attento, curato, delicato, con silenzi mai vuoti, tagli di scena più espressivi di tante inquadrature, bilanciato nei colori, nei suoni, che la confezione si fa sostanza. O, detto in altri termini, essere un bravo regista significa anche saper fare un bel film qualunque sia la storia. E Guadagnino riesce a farci sentire le emozioni dei protagonisti. Non è poco.
Tilda Swinton straordinaria, Alba Rohrwacher sempre pregnante, Pippo Delbono capacemente espressivo, Edoardo Gabriellini opaco.

giovedì 25 novembre 2010

Il figlio più piccolo

Il figlio più piccolo, di Pupi Avati, con Christian De Sica, Laura Morante, Luca Zingaretti, Sidney Rome, Nicola Nocella, Italia, 2010. 
Punteggio ★★   

Pupi Avati mantiene il suo sguardo un po' da sognatore anche in questo film, né commedia né dramma, tutto incentrato sulla corruzione dei costumi e la perdita dell'umanità. Nella storia del palazzinaro che, consigliato da un ex prete, dal nulla arriva ai vertici di un impero e altrettanto rapidamente finisce in carcere e torna al nulla, usando costantemente i legami famigliari come meri strumenti di successo, Avati non aggiunge granché di nuovo a tante altri analisi anche più approfondite e drammatiche. Il suo sguardo però sembra rivolto più alle vittime che ai colpevoli e queste vittime - la ex moglie, i  figli, la segretaria - vengono dipinte come fuori dal mondo, completamente ignoranti della realtà, assorbite nel loro ottuso coltivare cascami di sottocultura. Quasi come per dirci che i tanti malfattori che popolano l'Italia di oggi sono tali anche perché gli altri, i non malfattori, sono stupidi e la loro stupidità lascia spazio ai primi. Un film non del tutto riuscito, che non è né commedia né dramma.
Christian De Sica in uno dei suoi primi ruoli "seri" non è particolarmente incisivo.

mercoledì 24 novembre 2010

Tutto l'amore del mondo

Tutto l'amore del mondo, di Riccardo Grandi, con Nicolas Vaporidis, Ana Caterina Morariu, Monica Scattini, Enrico Montesano, Sergio Rubini, Italia, 2010 
Punteggio 1/2   

Il sottotitolo potrebbe essere "il mattino dopo gli esami in viaggio-premio per l'Europa". Il livello culturale e di intrattenimento è lo stesso, cioè prossimo allo zero. Alla nullità dell'operazione contribuisce in misura preponderante Vaporidis, una delle nuove grandi facce inerti del cinema italiano: riesce ad attraversare interi film con la sua faccia da bravo ragazzo un po' mogio e un po' furbetto senza esprimere alcunché. Meglio di lui c'è solo Pieraccioni.
Ana Morariu ha invece una certa vitalità.

martedì 23 novembre 2010

Shutter island

Shutter island, di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, USA, 2010
Punteggio ★★  

Non un capolavoro ma comunque una cupa e ben orchestrata ghost story che avvince anche grazie a valenze autoriali intriganti. Ambientata in un tetro manicomio criminale, l'indagine di due agenti federali oscilla continuamente tra presente e passato, realtà e manipolazione, normalità e follia, fino a far perdere allo spettatore il baricentro del racconto. DiCaprio molto bravo nel gestire il suo personaggio. Ben Kingsley un po' troppo sardonico.

lunedì 22 novembre 2010

Piacere sono un po' incinta

Piacere, sono un po' incinta, di Alan Poul, con Jennifer Lopez, Alex O'Loughlin, USA, 2010 
Punteggio    

Quand'era giovane di Jennifer Lopez si poteva forse dire "un bel sedere che non sa recitare". Adesso che ha superato i quarant'anni la sua presenza sullo schermo è francamente imbarazzante.
Inevitabile che il copione e la regia siano corrispondenti: piatti, banali, scontati, finti. Un catalogo di luoghi comuni sgualcito dall'uso.

domenica 21 novembre 2010

L'ultimo crodino


L'ultimo crodino, di Umberto Spinazzola, con Ricky Tognazzi, Enzo Iachetti, Serena Autieri, Gianni Bissaca, Italia, 2008. 
Punteggio ★★ 

Trasposizione in un paese montano della Val di Susa del furto della salma di Enrico Cuccia. Due sfigati, dopo aver visto fallire i loro tentativi di riscossa socio-economica, maturano l'idea di rubare la salma di Cuccia per chiedere un riscatto e risollevare così le loro sorti. Naturalmente tutto finirà in nulla e loro torneranno a essere gli sfigati di sempre.
Senza grandi pretese, il film rende discretamente il clima asfittico della vita nei paesi di provincia montana, grazie anche alla notevole interpretazione di Tognazzi e Iachetti.

Pensierini - Commedia all'italiana

La commedia all'italiana "è un genere ben preciso, forse irrimediabilmente finito che ogni tanto qualche regista (penso a Virzì, a volte Cristina Comencini o Francesca Archibugi) tenta di aggiornare. La commedia all'italiana - prendo in prestito la definizione sintetica ma efficace della Garzantina Cinema - "fonde insieme elementi della commedia di costume, del comico e del dramma per trattare argomenti di interesse sociale e politico in una cornice "leggera" e in chiave satirica, con un evidente intento didattico-moralistico". Non basta scherzare o ironizzare o peggio fare del facile moralismo: per una vera "commedia all'italiana" ci vogliono tutti questi elementi insieme."
Paolo Mereghetti, Ciak, novembre 2010

sabato 20 novembre 2010

Noi credevamo

Noi credevamo, di Mario Martone, con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Toni Servillo, Italia-Francia, 2010. 
Punteggio ★★★   

Un film di notevole impegno politico e civile. Curatissimo nella ricostruzione di ambienti, abbigliamenti, dialetti, musiche; delicato nelle immagini della natura; attento alle dinamiche della storia. In questi anni di indifferenza civile, di malefatte pubbliche e  private elevate a rango di "capacità", di indici di vendita scambiati per qualità culturali, è un film da applaudire perché ha il coraggio di riproporre il tema del Risorgimento come aspirazione velleitaria di giovani nobili prima e come "rivoluzione tradita" poi, di mostrare quanto l'Italia sia stata costruita su una unificazione forzosa e restauratrice, di ricordare che, sotto i cambiamenti, la struttura sociale e le ineguaglianze sono rimaste le stesse. E' vero che questi temi non sono una novità, né per la storiografia né per il cinema; a quest'ultimo riguardo basti pensare a titoli come San Michele aveva un gallo, Uomini contro o Quant'è bello lu murire acciso. Però e anche vero che certe cose è importante il momento in cui le si dice e oggi, all'incrocio tra celebrazioni dei 150 anni dell'Unità e trasformazione dell’impero di Bokassa Berlusconi, è ancora più importante dirle. Inoltre, e questa è forse uno dei pochi elementi originali del film, riesce a trasmetterci la rilevanza del tradimento nelle vicende storiche. La vecchia ma sempre valida tesi del "voltagabbana" come uno dei nostri caratteri nazionali trova vivace e valida rappresentazione lungo tutto il film.
Ho letto una recensione di Mario Sesti su FilmTV, scritta benissimo, che dice: "ciò che veramente colpisce è la densità e la continuità del sentimento in cui è in immersione tutto il film, quel senso di aspirazioni disattese, di destino avverso, di ideali andati a male, di violenta rassegnazione e rancore nichilista, di ingiustizia e indifferenza, di intrigo e disfatta, di rammarico e fallimento. Una sensazione così forte che la si sente ancora addosso dopo giorni e che somiglia tantissimo a qualcos’altro che ci è vicino, altrettanto irreparabile e familiare”. Ecco, il problema è che nella mia percezione questa atmosfera nel film non c'è ed è questo il suo limite di fondo. Come prodotto intellettuale è rispettabile, come film è povero nel senso che è freddo, didascalico, che non riesce a far filtrare fino a noi quella passione di cui si vorrebbe sostanziare l’intera trama. Segno di debolezza autoriale è poi il voluto inserimento di alcuni elementi scenografici storicamente incongruenti (i pilastri in cemento armato, la scala in metallo trafilato ecc.), per spiegarci, nel caso non lo avessimo capito, che ieri e oggi  sono un tutt'uno.
L’icona patria Servillo riesce, nell'interpretare Mazzini, a mantenere per tutto il film lo sguardo fisso dal basso verso l’alto, dandoci così una sensazione forte di cane bastonato sotto la pioggia. Grande invece Lo Cascio. Di una certa sensualità Francesca Inaudi.
PS. Il manifesto del film è uno dei più brutti che abbia mai visto.

giovedì 18 novembre 2010

Pensierini - Nuovi scrittori italiani

"Il rapporto che i nuovi autori considerano decisivo non è con scrittori italiani che li hanno preceduti di qualche decennio (...). Il rapporto che conta è con gli editori e con quello che si aspettano, è con gli scrittori statunitensi, è con i romanzi più venduti, con i festival e con le fiere del libro."
Alfonso Berardinelli, Il foglio, 30 ottobre 2010

mercoledì 17 novembre 2010

Chloe

Chloe - Tra seduzione e inganno, di Atom Egoyan, con Julianne Moore, Liam Neeson, Amanda Seyfried, USA-Canada-Francia, 2009
Punteggio ★★1/2   

Anche una coppia solida a lungo andare va in crisi, non fosse altro che per consunzione. La cosa si complica perché la moglie sospettosa assume una prostituta per far cadere in trappola il marito ma le cose non sono così facili come sembrano....
Nulla di boccaccesco, anzi, la vicenda via via si colora di nero fino a un imprevisto finale. Non è particolarmente originale questa storia ben fotografata, ben illuminata e ben musicata ma Atom Egoyan usa la sua intelligenza critica per scandagliare le incertezze e le contraddizioni dei sentimenti e delle emozioni. In questo è da vedere.
Julianne Moore fascinosa donna matura. Amanda Seyfried sgradevole nella sua inespressività.Molto belli gli interni e le atmosfere delle case borghesi.

lunedì 15 novembre 2010

Basilicata coast to coast


Basilicata coast to coast, di Rocco Papaleo, con Alessandro Gassman, Paolo Briguglia, Max Gazzé, Rocco Papaleo, Giovanna Mezzogiorno. Italia, 2010. 
Punteggio ★★1/2  

Un complesso musicale dilettantesco seguito da una giornalista irrealizzata decide di recarsi a un concerto attraversando a piedi la Basilicata "da una costa all'altra". Un'impresa anacronistica e insignificante ma che per i suoi partecipanti è un'occasione per (ri)trovare il piacere di fare ciò che si desidera, di portare a termine una cosa, di riflettere su se stessi.
Un po' come l'impresa narrata, il film stesso è una piccola cosa gracile e senza pretese ma, grazie anche al fatto che riesce sempre a non scadere nella comicità trita, Papaleo, al suo esordio alla regia, ne tira fuori un intrattenimento garbato, che si guarda con simpatia, pur (proprio) nella sua lievità. Anche i tocchi antropologico-culturali sparsi qua è là si apprezzano nella loro assenza di pretenziosità. Un film sincero che trasmette freschezza.
Giovanna Mezzogiorno sembra incapace di recitare (o forse è sempre stata così e non me n'ero mai accorto), Gassman si va specializzando nei ruoli da guascone con la coda di paglia ma, ahimé, senza il cinismo che riusciva a infondere suo padre.

venerdì 12 novembre 2010

Shadow

Shadow, di Federico Zampaglione, con Jake Muxworthy, Karina Testa, Italia, 2009. 
Punteggio   

Dice il proverbio "sbagliare è umano, perseverare è diabolico". Eppure Zampaglione proprio persevera. Non pago del flop di Nero bifamigliare, eccolo giocare addirittura al rialzo con questa storia che vorrebbe essere horror, con ingredienti fatti di natura misteriosa e ostile, labirinti onirici,  simbolismi mortuari e chi più ne ha metta. Gioco al rialzo poi completato dal fatto che per realizzare un simile capolavoro ha dovuto assumere attori americani e fingere che la storia, girata nella bellissima area di Tarvisio, si svolgesse in America. In questo modo, il ragazzotto protagonista che gira in bici sui sentieri di montagna - pardon, si dice essere un biker - può impersonare un reduce dall'Iraq e la storia può utilizzare meglio il catalogo delle trovate della serie "gli orrori della guerra". Obbligatorio quindi che nel suo girovagare trovi in rapida sequenza: un grosso cane ringhioso, una bella ragazza dolce e disponibile, due brutti e cattivi, il male supremo, sviluppi catacombali, deliri metafisici. Cose che capitano tutti i giorni a chiunque faccia una passeggiatina nei boschi. Il facile richiamo a classici del genere, da Un tranquillo weekend di paura a Non aprite quella porta, sarebbe ingiusto nei loro confronti.
Prestazioni degli attori da filodrammatica parrocchiale. Ma non si può neanche dare tutta la colpa a loro. Con notevole consapevolezza dei propri mezzi intellettuali ed espressivi, lo Zampaglione ha dichiarato che con questo film ha voluto  fare "una storia particolare, che porti lo spettatore in un labirinto, che gli faccia perdere l’orientamento". E in effetti lo spettatore l'orientamento lo perde proprio, ma perché si addormenta.

mercoledì 10 novembre 2010

Giorni e nuvole


Giorni e nuvole, di Silvio Soldini; con Margherita Buy, Antono Albanese, Giuseppe Battiston, Alba Rohrwacher, Carla Signoris; Italia, 2007.
Punteggio ★★★   

Quando si dice "autore", si intende, anche, il fatto che qualunque sia il soggetto trattato, il regista riesce a trovare e trasmettere interesse con un tocco personale. Soldini, pur con tutti i suoi limiti, è un autore, uno che cerca di dirci qualcosa nel gran mare dei ciarlatani mediatici che ci affliggono.
Tutto questo per dire che il tema di Giorni e nuvole è tanto scomodo quanto, ahimè, vicino a tanti, potenzialmente a tutti noi: la perdita del lavoro, dei privilegi e l'inevitabile estensione della crisi ai rapporti famigliari e personali. Ciononostante, Soldini riesce con discreto realismo e notevole sensibilità a farci percepire le ansie, le incomprensioni, le cadute depressive, gli isterismi e tutto il triste catalogo di reazioni psicologiche e di insensibilità sociali legate alla perdita e ancor più alla ricerca di un nuovo lavoro. E sì, perché il vero problema è forse proprio questo: poiché siamo una società bloccata, quando si perde il lavoro è un po' come essere buttati giù da un treno, cioè è difficile risalirci e altri treni ne passano sempre meno.Di fronte a questi fenomeni la cosa importante, sembra dirci Soldini, è salvaguardare i rapporti personali perché solo da essi si può trovare l'energia e la spinta per ricostruire.
Gran direzione di attori. Albanese è bravo nella parte del protagonista, soprattutto nel trattenere attese derive comiche. Persino la Buy è una volta tanto nella parte. Fra gli altri componenti quasi fissi della factory, Battiston fa il suo onesto lavoro e Alba Rohrwacher, da brava attrice qual è, si toglie qualche anno per recitare la parte della figlia in maniera credibile.
Belle immagini di Genova urbana.

martedì 9 novembre 2010

Io, loro e Lara

Io, loro e Lara, di Carlo Verdone, con Carlo Verdone, Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Sergio Fiorentini, Italia, 2010.
Punteggio 1/2   

I temi sono sempre gli stessi: l'imbarbarimento della società contemporanea, la meschinità delle persone, la perdita dei legami affettivi e famigliari, l'incomprensione intergenerazionale. Ma quanta superficialità, quanta stanchezza non dico creativa ma addirittura realizzativa, quanta assenza di incisività!

lunedì 8 novembre 2010

Transporter 3

Transporter 3, di Olivier Megaton, con Jason Statham, François Berleand, Natalya Rudakova, Francia 2009.
Punteggio ★★★   

Terza puntata (si fa per dire, visto che da una all'altra cambia poco) di questo contenitore tutto pugni e velocità griffato Luc Besson.
Che dire? Forse la cosa migliore è non dire nulla.

domenica 7 novembre 2010

Fuori controllo

Fuori controllo, di Martin Campbell, con Mel Gibson, Ray Winston, 117', USA-GB, 2010.
Punteggio  

Un altro film su un padre che vendica la figlia, dopo Vendicami, recensito recentemente. Qua le ovvietà sono maggiori e manca perdipiù ogni aspetto visivo interessante. E' solo l'ennesima lotta dell'Individuo solitario alla ricerca della Giustizia, ostacolato dall'ennesima compiacenza della polizia con i colpevoli, che arriva a scoprire l'ennesima Verità che coinvolge grande industria, politica e organismi governativi. Che ennesima noia!
Mel Gibson sempre meno credibile nelle parti da duro.

sabato 6 novembre 2010

La bella società


La bella società, di Gian Paolo Cugno, con Raul Bova, Giancarlo Giannini, Maria Grazia Cucinotta, Enrico Lo Verso, Claudio Santamaria, Antonelle Lualdi, Franco Interlenghi, 112’, Italia 2010.
Punteggio 1/2   

Un figlio-padrone/fratello-padrone, dopo la scomparsa del padre ucciso dalla mafia, rovina la vita della madre e del fratello in nome dell’unità della famiglia originaria. Trent’anni di storia italiana e siciliana, nord e sud, canzoni d’epoca, mode, politica, musiche da saga epica, pulsioni romantiche, giustizia sociale, immagini della natura e altro ancora, tutto in 112 minuti. Molta carne al fuoco, tanti contributi finanziari statali e regionali (sic!), pochi risultati, tutti banali. Maria Grazia Cucinotta è sempre più relegata al cinema siciliano, Raoul Bova si conferma ottimo attore in crescendo.


venerdì 5 novembre 2010

Cosa voglio di più

Cosa voglio di più, di Silvio Soldini, con Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Teresa Saponangelo, Italia, 2010.

Punteggio ★★★1/2   

Cosa voglio di più è il titolo di una canzone di Lucio Battisti, che proseguiva dicendo "voglio Anna ...". E Anna è il nome della protagonista, impiegata "tranquillamente" sposata con un comprensivo quanto soporifero uomo banale. Rimane colpita da un addetto al catering di un rinfresco in ufficio. Lei è sul punto di decidere di fare un figlio con il piatto marito; lui è schiacciato dal peso di dover mandare avanti una famiglia di tre figli piccoli con un lavoro proletario. Tutti e due vogliono qualcosa di più dalla vita e tutti e due pensano di trovarlo nell'altro. E' la storia di un adulterio, di una passione, di una fuga dalla realtà e dell'effetto "elastico" di questa realtà. E' una storia di esistenze, senza sorprese e senza rivelazioni, ma è vera.
Soldini è bravissimo a trasmetterci le contraddizioni dell'animo, la mutevolezza della felicità e dell'infelicità, il senso di vuoto che c'è nel pieno. Molta critica ha voluto vedere rappresentate in questo film schiocchezze ideologiche come l'adulterio ai tempi della crisi, il peso della condizione sociale nelle storie personali, l'instabilità dei legami sentimentali nell'epoca dell'incertezza ecc. ecc. In realtà mi sembra soprattutto un bel film sulla vita, per fortuna.
Alba Rohrwacher, pur non avendo molto fascino femminile, si conferma una delle migliori attrici italiane. Pierfrancesco Favino sempre professionale.


 

giovedì 4 novembre 2010

Vendicami

Vendicami, di Johnnie To, con Johnny Halliday, Sylvie Testud, Anthony Wong, Hong Kong-Francia, 2009.

Punteggio ★★★★  

A Hong Kong una banda di killer uccide la famiglia di un uomo. Al capezzale della moglie morente arriva dalla Francia il padre, proprietario di un ristorante di Parigi. Disperato, isolato, assolda un'altra banda di killer per fare giustizia. Anche lui però non è uno sprovveduto. Era uno dei più ricercati killer europei, ora ritiratosi a vita privata .... Johnny Halliday, con la sua faccia segnata da decenni di stravizi e sofferenze, è straordinario nella parte.
Inquadrature e riprese bellissime, luci increbidili, immagini che sembrano fotografie iperrealiste. Una festa per l'occhio. Un po' meno per il significato ma nessuno è perfetto.

mercoledì 3 novembre 2010

Bellamy

Bellamy, di Claude Chabrol, con Gerard Depardieu, Marine Bunel, Vahina Giocante, Francia 2009.
Punteggio ★★   

Al  pari del protagonista, un famoso commissario di polizia parigino che anche in vacanza non può non indagare e risolve un caso quasi per puro divertimento, il maestro si diverte ancora una volta con lievità prima del commiato. Non è una grande storia e non è un grande film ma i tocchi di classe ci sono tutti, a cominciare da una sceneggiatura asciugata e piena di silenzi significativi. Più dell'indagine poliziesca contano naturalmente le psicologie, le relazioni superficiali e sotterranee tra gli individui, gli amori pubblici e privati, l'ambiente di quella provincia scandagliata a fondo come solo Chabrol sapeva fare. Una provincia dove la morte per fallimento o depressione arriva prima dei presunti assassini. E il film si lascia piacevolmente vedere.
NB. Visto in lingua originale il punteggio aumenta di mezzo punto. La lobby dei doppiatori ha infatti raggiunto un tale livello di piattezza interpretativa che riuscirebbe persino a far sembrare Shakespeare un bollettino meteorologico.

Pour elle

Pour elle, di Fred Cavayé, con Vincent Lindon, Diane Kruger, Francia 2008.

Punteggio ★★★   

 A volte capitano delle piccole, belle sorprese. Come questo film poco conosciuto ma decisamente ben fatto. Una famiglia felice viene sconvolta dall'arresto della moglie per omicidio. E' un equivoco ma nulla riesce a far cambiare idea ai giudici. All'estremo delle risorse, il marito decide di farla evadere.
Storia tutto sommato semplice ma non banale. Il racconto è teso e con poche sbavature. Il passaggio dalla felicità all'angoscia alla tensione adrenalinica dell'evasione sono condotti con sapienza.
Vincent Lindon sembra il Mastandrea francese con la differenza che, per fortuna, è meno addormentato e moscio.

Cella 211

Cella 211, di Daniel Monzon, con Luis Tosar, Alberto Amman, Marta Eura, Francia-Spagna, 2009.

Punteggio ★★1/2   

Dopo Il profeta, un altro film carcerario. Meno originale ma anch'esso più che vedibile. In questo film spagnolo il taglio è più di tipo socio-politico e lo spirito di rivolta è collettivo anziché individuale. Il ritmo e le piccole trovate narrative sono comunque buoni.